giovedì 2 marzo 2017

TOHPATI ETHNOMISSION, Mata Hati (2016)


L’instancabile Tohpati, di cui ci siamo occupati in passato analizzando Tribal dance (uscito solo a suo nome) del 2014 e Live at Orion con i simakDialog del 2015, torna con i suoi Ethnomission dopo un’assenza di diversi anni (Save the planet risale al 2010). L’indonesiano, come abbiamo visto, non è rimasto con le mani in mano (suonando anche su diversi album di suoi colleghi) e ha collezionato conferme e critiche positive un po’ ovunque, giudizi che non possiamo che confermare per l’ottimo come back a nome Mata Hati, un disco che farà la felicità di quanti conoscono il chitarrista e che ha le carte in regola per conquistare gli appassionati di jazz rock e fusion sparsi per il globo. Il tempo trascorso da Save the planet ha dato ancora più consapevolezza al leader, che qui tocca uno dei suoi massimi livelli, soprattutto per la qualità di pezzi come Janger (con la partecipazione della Czech Symphony Orchestra) o Tanah Emas, una doppietta iniziale esaltante. Il platter vive di momenti di grande tecnica collettiva (completano la line up Indro Hardjodikoro al basso, Diki Suwarjiki al flauto di bamboo e al clarinetto indonesiano, Endang Ramdan alle kendang percussion e Demas Narawangsa alla batteria) a cui non viene mai meno il feeling, una carica vibrante che attinge dalla coesione tra musicisti di spessore che non dimenticano di alimentare il pathos con dinamismo e groove. Il jazz è sì importante per capire come si muove il quintetto ma non bisogna dimenticare il carattere potente di questi suoni, che giocano con il rock etnico (fondamentale il ruolo di Ramdan e Suwarjiki) in nove tracce avventurose, ambiziose e pulsanti. Tohpati si dimostra autore attento nell’alternare frangenti di grande forza con altri più atmosferici, dando il giusto risalto ai suoi compagni (coinvolgenti parti ritmiche e un accorato uso dei fiati) e firmando un lavoro ingegnoso e con pochissimi cali. Eleganza e vigore si spalleggiano e Tophati mostra tutta la sua creatività in brani brillanti in cui l’estro compositivo denota attenzione per gli arrangiamenti e un’elevata cura per fraseggi melodici, complici anche dei musicisti che seguono le idee del leader e costruiscono ricche strutture in cui la musica assume connotati in bilico tra elementi della cultura popolare indonesiana e occidentale. Un equilibrio che solo chi ha tanta esperienza raggiunge (e d’altronde il chitarrista è anche uno stimato session) e che Tohpati ha maturato sul campo, raggiungendo un’abilità non indifferente nel calarsi in contesti diversi. Qualità camaleontiche che rendono la sua proposta ancor più interessante e fantasiosa e che finiscono per impreziosire un ritorno di notevole fattura. (Luigi Cattaneo)

Janger (Video)



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