martedì 10 novembre 2015

LUSH RIMBAUD, L/R (2015)


Attivi da oltre 10 anni, tornano i Lush Rimbaud (Tommaso Pela voce e chitarra, David Cavalloro alla chitarra, Marco Giaccani al basso e Michele Alessandrini alla batteria) con il nuovo L/R, che ripropone il canovaccio di suoni sintetici ed elettrici e il connubio tra psichedelica e dark wave che avevano già contraddistinto Action from the basement del 2007, The sound of the vanishing era del 2010 e lo split del 2013 con gli olandesi zZz. Uscito ad ottobre 2015 per la BloodySoundFucktory e la fromSCRATCH records, L/R conferma la volontà della band di Ancona di sperimentare e giocare con la loro arte, attraverso un percorso fatto di trame oscure e matrice pop, una soundtrack della propria esistenza in cui l’alone dark si confonde con ritmiche danzabili. Marmite è un inizio dinamico, figlio di un elettropop imparentato con gli U2 più sperimentali, a cui fa eco il breve rock elettronico di Acid Skyline, episodio piacevole prima della maggiormente ragionata e strutturata Never Regret, brano che presenta anche un bel lavoro di Cavallaro e l’inserimento azzeccato della tromba di Abramovic. Dosi massicce di elettronica in G-Spot, un discreto sperimentalismo che però non lascia traccia e mi pare abbia anche meno mordente rispetto a quanto emerso sinora. Molto meglio Silent room, una bella ballata dark con Eolo Taffi al contrabbasso, che mi ha ricordato qualcosa dei mai troppo celebrati Virgin Prunes di … If I die, I die, così come Super-Indian che continua in direzione di una dark wave carica di effetti, con Abramovic che si inserisce egregiamente nel tessuto della band e dialoga brillantemente con il recitato di Pela, prima dell’intenso finale corale. Dopo due brani di tale forza Not the monkey risulta ancorata ad un pop rock un po’ insipido, mentre The Walley ha impeto post rock e fraseggi in odore di New Order, con un interessante lavoro ritmico della coppia Giaccani-Alessandrini. Dark side call è un finale soffuso con Taffi nuovamente presente e bravo nell’aumentare quel clima plumbeo caro ai grandi Joy Division e chiusura degna di un lavoro che rimette in carreggiata un gruppo che ha ancora tanto da dare al panorama indie italiano. (Luigi Cattaneo)

Silent Room (Video)

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