mercoledì 19 giugno 2013

FORZANOVE, Autoanalisi (1981)


Dopo aver ascoltato svariate volte il disco in questione mi fermo a pensare a quanto doveva essere complicato e difficile suscitare interesse nei non appassionati di progressive durante gli anni ’80, un periodo dove certe sonorità apparivano (ahimè) già stantie. Ma come i Forzanove quante altre band si trovavano in questa situazione? Centinaia, probabilmente, che non hanno avuto nemmeno la fortuna di esprimersi attraverso un disco come invece è capitato ai veneti. La band di Eraclea riuscì a trovare un contratto con una piccola etichetta discografica di Milano, la Top Records, per pubblicare l’album d’esordio Autoanalisi. Ma di fronte a che disco ci troviamo? Sicuramente Autoanalisi non è un disco prog alla Yes o alla Genesis, quindi nessuna suite o brani dalla struttura particolarmente complessa. Anzi, i Forzanove prediligono la forma canzone e pongono grande attenzione verso momenti intimi e comunicativi. D’altronde, proprio come mi ha confessato Claudio Causin, chitarrista e massimo compositore del gruppo, il loro era un rock influenzato dal progressive, onesto e di fervido entusiasmo, quello di una band che dopo aver ascoltato per un intera decade il meglio della musica targata ’70 decide di dar vita ad un lavoro figlio diretto di quella passione. La title-track, potente e ben rifinita, apre il disco e subito emerge l’ottimo lavoro d’insieme, che convince appieno anche senza mostrare momenti individuali particolarmente interessanti. Il punto di forza del brano appare proprio il voler creare un suono compatto e scevro di ogni eccesso strumentale. Un mattino si presenta intensa e ben dosata tra momenti soffusi (la prima parte) e maggiormente viscerali (la parte finale) in cui spicca la voce sofferta di Piero Bianco, carismatico e capace di ricordare in alcuni passaggi la rabbia di Alvaro Fella dei Jumbo.Toni da ballata per Hai vinto tu, con la voce di Bianco sostenuta dalle tastiere di Mauro Pascal e dalla chitarra di Causin che nel finale esegue anche un’ interessante solo, primo vero momento solistico del disco. Le successive Lo specchio e Vieni, dai mettono in mostra il lato più rock del gruppo. Lo specchio, pur non convincendo totalmente, mette in evidenza il grande lavoro della sezione ritmica, mentre Vieni, dai sembra un vero e proprio omaggio, sia musicale che testuale, ai Garybaldi di Nuda. Il lato B si apre con Avessi un paio d’ali, delicata ballata di grande semplicità che sembra scritta apposta per esaltare le qualità interpretative di Bianco che, a dire il vero, riesce ad esprimersi su ottimi livelli sia in brani come questo sia in pezzi più tirati e ruvidi. Vicino alla P.F.M. di Suonare Suonare, la successiva Fermatevi un po’, che però non lascia grandi segni. Molto più interessante Deserto, decisamente fresca e vigorosa, giocata nuovamente sulla grande partecipazione collettiva del gruppo, un momento d’insieme che spinge, questa volta, il brano in direzione decisamente progressiva. LP chiuso da Coming with a traveling band, unico brano cantato in inglese ed energico omaggio del gruppo al rock blues, altra grande passione del bravo Causin. Autoanalisi non è sicuramente un capolavoro o un disco memorabile ma è ben fatto perché ricco di pathos e di cuore, dove emerge la grande passione, oltre che la qualità, dei singoli musicisti per suoni di un passato non così lontano. Inoltre i veneti hanno il merito di aver provato ad emergere in un contesto musicale ormai differente da quello di qualche anno prima e le difficoltà risultavano sicuramente ampliate. Peccato non essere riusciti a creare più nulla, ma, come ho già detto, chissà quante band... (Luigi Cattaneo)
 
Autoanalisi (Video)
 
  

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